Il mio nome è clitoride

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di Lisa Billuart-Monet, Daphné Leblond
genere: documentario – durata: 80 minuti – Belgio 2019

Ritrovare il piacere e liberarsi dalle imposizioni sociali. Una guida alla consapevolezza della propria sessualità attraverso le confessioni di giovani donne.

Un’inchiesta intima tutta femminile sull’erotismo. Verso la parità nel piacere.

La parola clitoride è ancora tabù oggi? Sembrerebbe proprio di sì. Nel film alcune giovani donne dialogano sulla sessualità femminile. Il focus della discussione è proprio il clitoride. Il tutto avviene con estrema libertà, con coraggio e humor, condividendo le loro storie ed esperienze. Il desiderio comune è quello di abbattere le frontiere del bigottismo educativo che vorrebbe preservare senza accorgersi invece di mettere in pericolo le ragazze e le giovani che si affacciano alla vita senza conoscere a fondo il proprio corpo. Le protagoniste del film desiderano un mondo diverso, dove sia scontato il diritto a un’educazione sessuale informata, libera da costrizioni e tabù. Potere al clitoride.


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APPROFONDIMENTO
Raffaella Giancristofaro per My Movies

A registrare questi comizi sul sesso, con attrezzatura minima anche da graffiti artists, sono due filmmaker esordienti nate negli anni Novanta: Lisa Billuart-Monet e Daphné Leblon. Grazie alla prossimità anagrafica con le registe, il tono delle intervistate è disinibito e il linguaggio è sorprendentemente diretto, franco, anche ironico, a volte scientifico. Spesso di una semplicità grafica, come testimoniano anche un eloquente incipit e la stampa 3D dell’anatomia completa della clitoride, pubblicata nel 1998 dalla ricercatrice Helen O’Connell.

Al centro, il rapporto di correlazione diretta tra masturbazione, piacere e clitoride, fonte di godimento storicamente censurata e perciò strategicamente presente nel titolo, a compensare l’atavico squilibrio tra percezione maschile e femminile dell’orgasmo.