15.00 e 17.15 Minari / 19.30 Corpus Christi

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Domenica 9 maggio


/ CINEMA ore 15.00 e ore 17.15

MINARI

di Lee Isaac Chung
con Steven Yeun, Ye-ri Han, Yuh Jung Youn, Alan S. Kim, Noel Cho, Will Patton
genere: drammatico – durata 115 minuti – produzione: Stati Uniti 2020

La seconda volta. La seconda stagione. La seconda ondata. Le seconde generazioni. E un nuovo inizio, dunque, una nuova frontiera e il sogno che la costruisce

Premiato ai Golden Globes, vincitore del Premio della Giuria e del Premio del Pubblico al Sundance FF, ha 6 nomination agli Oscar.

Tutto ha inizio quando Jacob, immigrato coreano, trascina la sua famiglia dalla California all’Arkansas, deciso a ritagliarsi la dura indipendenza di una vita da agricoltore negli Stati Uniti degli anni ’80. Sebbene Jacob veda l’Arkansas come una terra ricca di opportunità, il resto della sua famiglia è sconvolto da questo imprevisto trasferimento in un fazzoletto di terra nell’isolata regione dell’Ozark. L’arrivo dalla Corea della nonna, donna imprevedibile e singolare, stravolgerà ulteriormente la loro vita. I suoi modi bizzarri accenderanno la curiosità del nipotino David e accompagneranno la famiglia in un percorso di riscoperta dell’amore che li unisce.

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Ingresso in sala

È fortemente consigliato l’acquisto online dei biglietti che non avranno alcun sovrapprezzo rispetto al normale costo di biglietteria.
La sala è allestita in modo da garantire la massima sicurezza e un distanziamento ben superiore a quello imposto dalla legge.

Il biglietto acquistato prevede un posto numerato che vi chiediamo di rispettare.

Costo biglietti
Intero • € 8,00
Ridotto soci UniCoop Firenze • € 6,00
Ridotto over 65 (fino alle ore 18.30, esclusi festivi e prefestivi) • € 6,00
Omaggio bambini • ingresso omaggio solo la domenica
Ridotto studenti under 18 • € 5,00
Ridotto studenti universitari (solo per ultima replica del giorno) • € 5,00

 

ACQUISTA BIGLIETTO ONLINE
(senza nessun sovrapprezzo)

 

APPROFONDIMENTO
Federico Pontiggia per cinematografo.it

Come il Paese che lo ospita, il cinema statunitense si rinnova per accoglienza nel proprio corpo del corpo estraneo, per innesto: anziché pretendere di raccontare l’altro, fa sì che l’altro si possa raccontare, scoprendo quindi una comunanza di tensioni, desideri e, perché no, successo. Lee Isaac Chung tiene fede metaforica, e ideologica, al titolo che s’è scelto: minari è un’erba piccante coreana che diventa più rigogliosa nella sua seconda stagione di crescita, e così la seconda generazione, il regista in fondo, grazie al sacrificio dei genitori. Quante volte l’abbiamo già letta, vista, sentita questa storia? Appunto, ma anziché limitazione è un pregio: Minari scommette sull’originalità del racconto, ovvero l’empatia della scrittura, il respiro della partitura (anche musicale, ovvio), la sapienza del tratto, il guizzo della memoria. Ma forse, in fondo, anzi, nel profondo a farci innamorare di Minari è che dietro le sue buone maniere, dietro la scelta di aguzzare lo sguardo anziché alzare la voce è un film, e un’idea di mondo e di arte, che non abdica al conflitto, dell’Uomo contro la Natura (e lo Stato), dell’Uomo con la Donna, dei Vecchi con il Futuro, e dei Giovani con il Passato. E che prima di trovare un’acqua salvifica sa votarsi al fuoco purificatore, consapevole che non esista conforto senza contrasto, ripartenza senza terra bruciata, sintesi senza antitesi.
Minari è un grande film, perché ha scelto di essere anziché sembrare, di costruire anziché rimaneggiare. Ha rischiato, insomma, di raccontare ancora una volta una storia che conoscevamo.


/ CINEMA ore 19.30

CORPUS CHRISTI

di Jan Komasa
con Bartosz Bielenia, Aleksandra Konieczna, Barbara Kurzaj, Eliza Rycembel, Tomasz Zietek
genere: drammatico – durata 116 minuti – produzione: Polonia, Francia 2019

Corpus Christi è una compiuta parabola eucaristica. La storia vera di un “prete abusivo”.

Corpus Christi è la storia di Daniel, un ventenne che sperimenta una trasformazione spirituale mentre vive in un centro di detenzione giovanile. Vuole diventare sacerdote, ma questo è impossibile a causa della sua fedina penale. Quando viene mandato a lavorare in un laboratorio di falegname in una piccola città, all’arrivo si veste da sacerdote e accidentalmente prende il controllo della parrocchia locale. L’arrivo del giovane, carismatico predicatore è un’opportunità per la comunità locale di iniziare il processo di guarigione dopo una tragedia.

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Ingresso in sala

È fortemente consigliato l’acquisto online dei biglietti che non avranno alcun sovrapprezzo rispetto al normale costo di biglietteria.
La sala è allestita in modo da garantire la massima sicurezza e un distanziamento ben superiore a quello imposto dalla legge.

Il biglietto acquistato prevede un posto numerato che vi chiediamo di rispettare.

Costo biglietti
Intero • € 8,00
Ridotto soci UniCoop Firenze • € 6,00
Ridotto over 65 (fino alle ore 18.30, esclusi festivi e prefestivi) • € 6,00
Omaggio bambini • ingresso omaggio solo la domenica
Ridotto studenti under 18 • € 5,00
Ridotto studenti universitari (solo per ultima replica del giorno) • € 5,00

 

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APPROFONDIMENTO

Giancarlo Zappoli per MyMovies.it

Il Daniel di Bartosz Bielenia conosce la violenza e il lasciarsi andare all’alcol, alla droga e al sesso privo di qualsiasi elemento affettivo ma proprio per questo in qualche misura possiede una sensibilità che lo avvicina a chi ha sbagliato in passato ed è consapevole del fatto che non sarà difficile poter tornare a sbagliare. La veste che indossa senza averne titolo diviene una sorta di corazza dentro la quale sente di poter sfidare i pregiudizi anche in modo plateale senza subire altre conseguenze che il mormorio di chi lo circonda e le non tanto velate minacce di chi detiene il potere locale. Il suo sguardo è costantemente quello di un cuore in allarme che teme di veder fallire non tanto il suo mascheramento quanto piuttosto il suo consapevolmente precario rapporto con Dio. Chi invece non ha dubbi sul proprio rapporto con la divinità sentendosi dalla parte del giusto (qui sta la duplicità e forse la parte più interessante del film) sono coloro i quali, avendo perso i propri cari in un incidente di cui si è stabilito a priori il colpevole, hanno deciso di non dargli tregua neppure dopo morto. È qui, più che nel ritratto di un caso anomalo di assunzione dell’abito talare, che si colloca il nucleo di riflessione profonda del giovane sceneggiatore Mateusz Pacewicz. Perché riguarda tutti coloro che dicono di professare la fede cattolica ma che spesso vorrebbero piegarla al proprio volere, all’affermazione dei propri diritti (veri o presunti) cercando di trasformare Cristo nel proprio discepolo invece di assumerne il ruolo.