Manifesto

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di Julian Rosefeldt
con Cate Blanchett, Erika Bauer, Carl Dietrich, Marie Borkowski Foedrowitz, Ea-Ja Kim
genere: drammatico – durata: 94 minuti – Australia, Germania 2015

Cate Blanchett supera sé stessa in film dove il confronto e la riflessione sono inevitabili e produttivi.

Manifesto nasce come un’installazione all’ACMI, l’Australian Center of the Moving Image di Melbourne. Dodici schermi proiettavano ognuno un episodio diverso.
Il Manifesto del Partito Comunista raccontato da un homeless, i motti dadaisti recitati da una vedova a un funerale, il Dogma 95 descritto da una maestra ai suoi alunni, e così via. 13 personaggi diversi: ogni personaggio uno scenario, ogni scenario un movimento artistico celebrato attraverso intensi monologhi. È la sfida a cui si sottopone il premio Oscar Cate Blanchett in questo spettacolare omaggio alla tradizione dei manifesti letterari. L’artista e regista Julian Rosefeldt riprende e ricontestualizza le parole immortali di artisti e pensatori e attraverso quelle parole rilegge il mondo contemporaneo. Raccontandoci così ciò che è cambiato e ciò che non cambierà mai.


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APPROFONDIMENTO
Giancarlo Zappoli per MyMovies 

Prima di arrivare sul grande schermo, è nato come installazione. L’esperienza è unica perché una sola attrice ha prestato sé stessa per fare esistere esseri umani contestualizzati in ambiti totalmente differenti l’uno dall’altro. Cate Blanchett in questa occasione supera sé stessa considerando anche il tempo ristretto (12 giorni) delle riprese. Ma non si tratta di puro e semplice virtuosismo attoriale perché l’obiettivo è decisamente elevato.

Rosefeldt rilegge un gran numero di ‘manifesti’ per saggiarne la consistenza e la presa (se ancora c’è) sul rapporto odierno tra società, arte e vita quotidiana. Andiamo così da Marx a Lars Von Trier passando per Marinetti, Kandinsky, Apollinaire, Fontana, Breton, Éluard e innumerevoli altri. Le loro parole, le loro ribellioni (giovanili e non) vengono fatte proprie da una punk tatuata oppure da una CEO a una festa privata ma proprio questa apparente astrazione le fa risuonare con maggiore evidenza interpellandoci. Non è obbligatorio sapere tutto del Futurismo o del Situazionismo così come del Surrealismo o del Minimalismo. Anzi, stranamente, ci si accorgerà che meno se ne sa più quelle invettive o quelle definizioni che non lasciano spazio ad alternative acquisiranno una energia che si fa nuova proprio perché ignorata. Il confronto e la riflessione saranno inevitabili e produttivi.