La vita invisibile di Euridice Gusmão

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di Karim Aïnouz
con Carol Duarte, Júlia Stockler, Gregório Duvivier, Barbara Santos, Flávia Gusmão
genere: drammatico – durata 139 minuti – Brasile 2019

Due sorelle unite e perse nella Rio de Janeiro degli anni ’50. Guida insegue la libertà, Euridice resta prigioniera dell’ordine familiare.

Tratto dal romanzo “Eurídice Gusmão che sognava la rivoluzione” di Martha Batalha
Premiato come miglior film nella sezione “Un certain regard” al Festival di Cannes

Rio de Janeiro, 1950. Eurídice e Guida sono due sorelle inseparabili che vivono con i loro genitori dagli ideali conservatori. Immerse in una vita tradizionale, nutrono entrambe dei sogni: Eurídice vuole diventare una rinomata pianista, mentre Guida è in cerca del vero amore. Le loro scelte porteranno alla drastica decisione del padre di separarle. Le due sorelle prenderanno due strade diverse senza mai perdere la speranza di potersi ritrovare.


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APPROFONDIMENTO
Massimo Causo per sentieriselvaggi.it

È evidente che il doppio corpo muliebre serve a Karim Aïnouz per delineare il destino di una femminilità soggiogata al di là delle differenze di atteggiamento: la vita di Eurídice, che corrisponde alle attese sociali, è invisibile perché resta prigioniera delle mura domestiche; ma il dispendio di Guida, che sovverte se stessa nel contrappunto della perdizione e lì individua la sua vera libertà, resta comunque incastrato nelle maglie degli schemi sociali, con le sue gradazioni di classe, con la scansione dei quartieri bassi e di quelli alti.

Designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani SNCCI, il film è tutto nel dialogo interrotto che unisce le due sorelle, la pulsionalità di una parola che narra nel dispendio di un amore che non è nemmeno a distanza, ma puramente fantasmatico. Guida e Eurídice sono due spettri reciproci che raccontano la frattura tra il sogno e la realtà: sia l’andare di Guida che il restare di Eurídice producono la delusione, il tradimento dell’illusione, non c’è vero amore per la prima così come non c’è vera musica per la seconda. Aïnouz materializza il dramma in una messa in scena pulsionale, che vibra dei contrasti tra lacrima e vitalità, dello stridore tra la presenza dei corpi e l’assenza dello spirito. Il film inarca il tono ma non perde mai il controllo: un vero teorema che non sente il bisogno di essere dimostrato.