Se questo è amore

Home  /  on-demand  /  Current Page

di Maya Sarfaty
genere: documentario – durata: 82 minuti – Israele, Austria 2020

in lingua originale con sottotitoli in italiano

Una foto diventa il testimone che passa tra le persone chiamate a ricostruire le vicende accadute nell’interessante e sorprendente documentario di Maya Sarfaty Se questo è amore, con un riferimento diretto nel titolo italiano al capolavoro di Primo Levi. È l’immagine di una ragazza sorridente che indossa la divisa a strisce dei lager. Una visione surreale per la luce che emana, una giovane che sembra quasi felice e in salute nonostante il luogo in cui si trova.

La giovanissima e bella Helena Citron viene deportata ad Auschwitz, dove trova la protezione di Franz Wunsch, ufficiale delle SS che si innamora subito di lei e della sua voce soave. I due portano avanti una relazione proibita fino alla fine della guerra. Wunschnon solo dona alla sua amata vestiti caldi e scarpe e la cura quando scopre che aveva contratto il tifo, ma protegge anche la sorella di Helena e molte altre donne segnalate da lei. Trent’anni dopo, nel 1972, Helena riceve una lettera dalla moglie di Wunsch, che le chiede di aiutare il suo antico protettore, ovvero testimoniare a nome di suo marito imputato a Vienna per crimini compiuti durante l’Olocausto.


BIGLIETTO SALA VIRTUALE: POSTO UNICO € 7,90

ACQUISTA IL TUO BIGLIETTO

 


 
APPROFONDIMENTO
Gabriele Niola per Wired.it

A dirigere Se questo è amore è Maya Sarfaty, regista israeliana che per metterlo in piedi ha fatto un lavoro d’archivio eccezionale. Appoggiandosi alla Fondazione Shoah (nel cui board c’è anche Steven Spielberg) ha recuperato una grandissima quantità di interviste passate fatte sia alla protagonista Helena Citron sia alle compagne di campo, compreso un video del 2003 in cui viene interpellato anche un vecchissimo Franz Wunsch in una residenza di campagna. A questi documenti Sarfaty affianca interviste moderne fatte alle poche sopravvissute ancora in vita e infine una serie di diorami di carta che ricostruiscono alcuni eventi con semplicità. La scelta è molto intelligente, usare attori sarebbe stato ridicolo, e lasciare il racconto alle sole parole in certi casi fuorviante; invece quei diorami con le sagome dei capannoni, dei soldati e di Helena e Franz si sposano bene con la foto da cui tutto parte e aggiungono uno strato mitologico a una storia che è di per sé a metà tra plausibile e incredibile.

Non è mai spiegato né precisato da nessuno quanto la storia tra Helena e Franz fosse platonica o meno. La parte migliore del documentario, però, è quella in cui vengono esplorate le conseguenze per Helena. Nel mondo delle prigioniere è odiata e amata: amata perché tutto questo porta un po’ di benefici anche alle altre, odiata perché ha un privilegio che loro non hanno: lei non morirà.

Finita la guerra, liberati ebrei ed ebree, i due si separano. Helena va a vivere a Tel Aviv, scelta raccontata come coraggiosa proprio perché lei (per i privilegi e per aver fraternizzato con il nemico) non è vista di buon occhio. Franz le scrive a lungo per non perderla, ma la donna non risponderà mai. Solo quando a contattarla decenni dopo sarà la moglie di Franz, risponderà: l’ex amante proibito è sotto processo e serve tutto l’aiuto possibile perché non sia condannato, così a Helena viene chiesto di testimoniare su come l’abbia aiutata quando era malata. Salvare un soldato delle Ss come gli altri solo perché è stato gentile con lei o non presentarsi per non aiutare qualcuno che, al di fuori della loro storia, ha fatto molto male? Anche qui Se questo è amore dimostra che, al di là di una storia incredibile da raccontare, bisogna sapere quali sono le domande giuste da fare e da farsi.