Mi chiamo Francesco Totti

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di Alex Infascelli
con Francesco Totti
genere: documentario – durata: 101 minuti – produzione: Italia 2020

L’autobiografia sincera di un campione che non ha mai nascosto la sua vulnerabilità.
Il giorno prima dell’ultimo atto da calciatore professionista Francesco Totti, campione del mondo 2006 e bandiera della Roma, ripercorre la sua vita e trova la forza di dire addio. Il Francesco Totti che vediamo mentre inizia il suo racconto ha l’aspetto di quello del 2020, ma lo immaginiamo proiettato in un giorno critico di primavera del 2017. È solo una delle forzature narrative di un documentario spurio più che ibrido, in cui Alex Infascelli non intende raccontare per celebrare il campione, ma intende rivivere una vita esemplare, con lo spirito dell’uomo Francesco Totti. Semplice, all’antica, maledettamente umano nei trionfi come negli sbagli commessi.

A Totti non si può non voler bene, anche se non si è romanisti.

L’epilogo del film ha il retrogusto acre, come una sgradita compagnia con cui coesistere, con l’unica consolazione che questo destino tocca a tutti noi e ci rende compagni di sventura. “Sto tempo è passato. Pure pe’ voi però”, dice Francesco.
E più che ai posteri sembra parlare ad amici e nemici di tante battaglie, testimoni di un mondo, del calcio ma non solo, che non esiste più.

 


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