Il grande passo

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di Antonio Padovan
con Stefano Fresi, Giuseppe Battiston, Flavio Bucci, Francesco Roder, Camilla Filippi, Vitaliano Trevisan, Roberto Citran, Teco Celio, Luisa De Santis, Pascal Zullino
genere: commedia – durata: 96 minuti – produzione: Italia 2019

Alla sua opera seconda, Antonio Padovan mette in scena una commedia decisamente atipica nel panorama nostrano, che mescola con coraggio fantascienza e intimismo, tratteggiando una toccante parabola umana e familiare, grazie anche all’estro dei protagonisti Giuseppe Battiston e Stefano Fresi.
L’accoppiata Giuseppe Battiston e Stefano Fresi è semplicemente straordinaria. Tra i due attori c’è un affiatamento notevole e una complementarietà nei ruoli che ne esalta la recitazione. Non è un caso che al Torino Film Festival abbiano vinto il premio per il Miglior Attore ex-aequo. Ma sono azzeccati anche i personaggi minori come, ad esempio, Roberto Citran che interpreta l’avvocato di provincia e Camilla Filippi, l’amica d’infanzia di Dario, oltre al compianto Flavio Bucci, nella sua ultima interpretazione, nel ruolo del padre. 
Antonio Padovan, già apprezzato all’esordio con Finchè c’è prosecco c’è speranza, fa centro anche con il secondo film. Il regista trevigiano, oltre alla bravura registica, dimostra di avere le idee chiare. Sa porsi dei limiti, senza mai strafare, rendendo così credibili le sue storie stralunate ed apparentemente inverosimili.

In Il grande passo, lo spazio celeste diventa il rifugio privilegiato di chi non ha più nulla da sperare e da amare su questa terra. Dario Cavalieri (Giuseppe Battiston) vive in un profondissimo nord che neppure le mappe lo riportano, è un solitario, ma è anche quasi ingegnere aerospaziale e progetta di andare sulla luna. Suo fratellastro, Mario è invece un bonario commerciante di ferramenta a Roma. Le loro vite si riuniranno dopo anni ed entrambi scopriranno il valore della fratellanza e la verità su un padre che dire distratto è dire troppo poco. Ma forse è anche un po’ tardi per i rimpianti, perché il razzo di Dario è già sulla rampa di lancio.

«Raccontando questa storia ho voluto rendere omaggio a due mondi del cinema che amo. Da un lato quello americano, un po’ infantile e sentimentalista, con cui sono cresciuto da bambino: il cinema di sognatori come Steven Spielberg, dell’ingenuità vista come valore, dell’inno alla meraviglia. Dall’altro il cinema della mia terra, quello silenzioso e sincero, creato da artigiani come Carlo Mazzacurati, fatto di spazi dilatati, di sentimenti delicati e autentici, traboccante di affetto per la normalità».
Antonio Padovan


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